Having been heard, people are free to let go of whatever it was and take in what we say. But as long as their own message is not taken in and acknowledged, they will keep sending that message and cannot easily take anything else in. (E.T.Gendlin fondatore del Focusing)
Se io non ti ascolto, mi ripeterai il tuo messaggio in tutti i modi, rimarrai identificato con ciò che stai cercando di farmi arrivare e non avrai spazio per ascoltare me. Se io ti ascolto tu sarai libero di lasciar andare quel concetto/problema e avrai spazio per ascoltare anche me.
Da che mondo è mondo
le persone si sono sempre preoccupate di aiutare e prendersi cura degli altri con quello che definiamo mutuo sostegno,
l’ascolto è uno strumento che è sempre esistito ed ha svolto questo servizio socialmente utile fin dalla notte dei tempi.
Poi è entrato a far parte di altre Istituzioni come le Religioni, un esempio lo abbiamo con la pratica della confessione nella tradizione cristiana, che a parte il suo significato spirituale, è ritenuta psicologicamente benefica.
Quanti tra noi possono dire di ricordare la vecchia figura del medico che utilizzava l’ascolto come prima medicina (mi sa molto pochi, come sono vecchia!) che conosceva così bene i suoi pazienti da rivestire il ruolo di Naturopata (per l’osservazione del corpo e delle sue funzioni escretorie e secretorie diverse per i diversi terreni costituzionali), di psicoterapeuta o psichiatra (quando la nevrosi creava disfunzioni più importanti e incideva sulle dinamiche familiari) e di confessore (quando lo stress per l’indicibile si faceva pesante e non poteva essere condiviso se non col Prete o in sua assenza proprio col Medico).
Oggi esistono molte figure che hanno alla base dei loro interventi proprio l’Ascolto Attivo: il mediatore, il counselor, il coach, (professioni non riconosciute nel senso che non richiedono un’ iscrizione ad Ordini e Albi ma disciplinate da Associazioni di Categoria e altri organismi Europei) e forse sono nate proprio perché l’estrema specializzazione che la medicina contemporanea ha raggiunto, ha portato tanti vantaggi scientifici ma trascurato gli aspetti più umani delle professioni Sanitarie.
Ma come mai è così difficile ascoltare attivamente qualcuno?
Questi i principali motivi:
- Un buon ascolto è difficile da sostenere perché richiede di restare tranquilli e di permettere all’altra persona di parlare.
- La persona ha bisogno di sapere che quel che dice viene ascoltato con rispetto e attenzione, senza interruzioni che vengono percepite come intrusioni o come scarso interesse.
- L’esplorazione e la chiarificazione dei problemi o di ciò che si vuole esporre, può essere compiuta soltanto se a chi parla è permesso di procedere con i suoi tempi.
- Un buon ascolto incoraggia a parlare più liberamente poiché mostra rispetto, non solo per il contenuto di quanto viene detto, ma anche per i sentimenti e le esperienze che sottendono le parole.
- Implica l’ascolto di sé (da parte dell’ascoltatore) mentre l’altro parla, per osservare le proprie reazioni e rimanere presenti all’altro, includendo anche tutti gli aspetti non verbali e paraverbali, e a sé stesso rispetto a quando e se intervenire.
- Quando ascoltiamo accuratamente l’altro riusciamo a vedere le cose più chiaramente dal suo punto di vista. Questa è la base dell’empatia.
- Quando l’ascolto è accurato la persona riceve il messaggio che stiamo prendendo seriamente ciò che esprime. Questo permette di chiarificarsi e rendersi pienamente conto di ciò che significa quel problema per lei.
- Ci sono alcune distrazioni che possono pregiudicare l’ascolto, come i rumori, le interruzioni, la scomodità, nonché le emozioni come la rabbia, la tristezza e l’ansia. Così come il fatto di pensare ad altro.
- L’ascolto attivo è qualcosa di più di un esercizio meramente uditivo. Include l’abilità di osservare e registrare i messaggi non verbali. Anche la lingua usata, se ricercata, o quando è presente una disabilità verbale o uditiva, può rappresentare un’interferenza all’ascolto.
- I pregiudizi, le idee preconcette, gli atteggiamenti giudicanti, agiscono come barriere all’ascolto attivo.
- La ripetizione mentale del proprio contributo verbale che seguirà, (come nelle riunioni di lavoro o a quello che vogliamo dire quando toccherà a noi parlare).
- Il fatto di cercare mentalmente di risolvere il problema dell’altro, danneggia la capacità di un buon ascolto.
- Per tutta la durata dell’ascolto attivo, l’ascoltatore deve comprendere i pensieri, i sentimenti, le esperienze e le convinzioni del locutore. Ciò richiede un’intensa concentrazione.
Allora diciamo subito che non è necessario ascoltare attivamente sempre e soprattutto tutti!
Ma è anche importante sapere come ascoltare veramente qualcuno, qualora fosse il momento opportuno per farlo, ed essere consapevoli di come sarebbe meglio farlo fa sempre una gran differenza perché nel caso non fosse possibile potremo sempre dire all’interlocutore :
“Guarda, in questo momento ho la mente troppo impegnata per poterti ascoltare davvero, possiamo risentirci …?” e rimandare ad un momento migliore.
Quindi ammesso che possiamo davvero ascoltare la persona, amica, familiare, compagno ecc, vediamo gli aspetti non verbali del comportamento che facilitano un buon ascolto:
- Mantenere il contatto oculare;
- Movimenti del capo che indicano incoraggiamento;
- Rispecchiare le espressioni mimiche per mostrare empatia, fatto con discrezione dato che spesso le persone usano espressioni facciali che non descrivono affatto alla lettera il loro stato d’animo, come quando sorridono nell’atto di raccontare eventi dolorosi o drammatici;
- assumere una postura calma, aperta, sporgendosi un po verso la persona;
- Accennare dei segni verbali di accompagnamento e sostegno all’eloquio della persona (hm, sì..).
- Una tecnica base del counseling, ad esempio, consiste nel ri-dire e ri-offrire ciò che l’altro ha detto utilizzando le sue stesse parole o altre pertinenti, a seconda che si voglia riformulare attingendo alle stesse parole oppure in maniera più concisa o più chiara per far comprendere all’altro che è stato ascoltato e per offrirgli anche l’opportunità di ampliare, specificare e arricchire ciò che ha esposto qualora ne sentisse il bisogno.
Un aspetto molto difficile per chi ascolta è l’utilizzo del silenzio, molti temono le pause di silenzio e si sentono in obbligo di riempirle, ma è proprio durante quel silenzio che la persona può fare dei “passi” avere dei chiarimenti, collegamenti o altro che altrimenti non riuscirebbe ad avere, perciò non abbiate timore del silenzio.
In un buon ascolto le domande si utilizzano raramente, dato che l’ascolto stesso non è volto ad ottenere informazioni se non per permettere alla persona stessa di approfondire l’esposizione, semmai si utilizzano le cosiddette domande semantiche:
“Cosa significa per te…”; se può aiutare, ma raramente, si possono fare le domande aperte.
Reazioni ed effetti
In genere le reazioni all’ascolto attivo sono estremamente positive.
C’è generalmente il sollievo della persona e la piacevolezza della condivisione perché si favorisce la costruzione della reciproca comprensione e accettazione.
Gli effetti principali consistono nella possibilità di utilizzare la conoscenza che il soggetto ha della sua situazione senza supposizioni ed interpretazioni soggettive da parte dell’ascoltatore.
Un effetto piacevole e salutare per chi viene ascoltato è la frantumazione della sua sensazione di solitudine, che di per sé tende ad aggravare la situazione.
Si può ridar vita ad un intervento autoriparativo e alla capacità di riflessione razionale della persona.
Attraverso questa modalità comunicativa si realizza il principio Rogersiano in base al quale in ogni individuo esiste in potenza una capacità innata di autodirezione e di autoregolazione.
La finalità dell’Ascolto Attivo consiste proprio nel riattivare la competenza di adattamento e di autonomia della persona.
Per un ascolto empatico e soprattutto rivolto a se stessi, vi rimando alla pratica del Focusing di cui potete leggere sul mio Blog.
Non mi resta che augurare un Buon Ascolto a tutti voi.
Grazie Valentina, per questa profonda ma pragmatica riflessione sull’ascolto attivo rogersiano. Nell’evento romano in preparazione (sarà il 27 e non il 21) vorrei utilizzare la tua citazione di Gendlin. Mi fai sapere per favore da quale scritto proviene? Grazie mille.
Ciao Meg, la frase è tratta dalle carte che riportano le frasi più conosciute di Gendlin e che sono in vendita al Focusing Institute. Mannaggia mi hanno anticipato l’idea! Vorrei creare anche io un mazzo di carte di Focusing 🙂