Questo mese si festeggerà il Carnevale e le persone a cui piace si travestiranno e metteranno delle maschere.
Io festeggerò diverse ricorrenze, dalla Giornata internazionale delle ragazze e delle donne nella scienza, alla Giornata della gentilezza passando anche dalla Giornata mondiale contro il cancro; ma il Carnevale no, non è una ricorrenza che mi piace particolarmente.
Sin da bambina mi creava problemi, principalmente per questi motivi:
- non amavo travestirmi perché il costume da indossare era sempre già stato usato almeno da una delle mie 3 sorelle;
- mi sentivo sempre a disagio come se stessi dicendo una bugia;
- odiavo gli scherzi stupidi dei compagni di classe.
Ma questa festa mi ha permesso di riflettere sul significato della maschera a livello psicologico e quindi, se vuoi conoscere la relazione tra persona e maschera, continua a leggere.
Persona o maschera
Il termine Persona deriva dal latino, e ancor prima dall’etrusco, e significava “maschera dell’attore” ma anche “per-sonare”, infatti veniva usata per amplificare la voce a teatro.
Persona come ruolo, come ciò che noi presentiamo al mondo e che è spesso solo una maschera legata ai condizionamenti sociali-familiari-culturali.
In ambito relazionale-esperienziale
In Psicosintesi più che di Persona, si parla di Sub-personalità. Come diceva il suo fondatore Roberto Assagioli:
“L’Io viene spesso confuso con l’insieme della personalità cosciente, ma in realtà è diverso da essa, come dimostra un’attenta introspezione. Altro sono i mutevoli contenuti della coscienza, i pensieri, i sentimenti, etc. altro è l’io, l’autocoscienza che li contiene e li percepisce”.
Sempre secondo Assagioli, il fatto che abbiamo un solo corpo e che la mano destra non picchi la sinistra, non significa che siamo unificati.
Anche secondo Ouspensky, i fattori che incoraggiano questa idea di unificazione sono due:
- il fatto di possedere un solo corpo,
- attraversare tutta la vita con un unico e permanente nome.
Questo mi ricorda il libro E venne chiamata due cuori di Marlo Morgan, nel quale gli aborigeni australiani cambiavano il nome quando cambiavano lo scopo, il senso della loro vita, la loro identità nella tribù e questo poteva accadere diverse volte nella loro vita.
C.G.Jung
La Persona, ovvero la maschera, è anche uno degli archetipi junghiani ed indica il ruolo che il soggetto interpreta nel contesto sociale in cui agisce.
Tale ruolo presuppone una certa adattabilità (si è genitore, figlio, insegnante, avvocato, medico, operaio, etc) e che sia sempre contestualizzato (inerente al contesto).
Quando questa adattabilità al ruolo viene a mancare (il professore universitario che ‘esercita’ quel ruolo anche in famiglia oppure tra gli amici, etc.), avviene che l’Io si identifica totalmente o quasi con la Persona e si ha uno squilibrio (in termini junghiani: inflazione) che è in contrasto con lo sviluppo psicologico sano e integrato.
Diciamoci la verità, siamo tutti inflazionati, eheh.
La Persona quindi rappresenta il lato esteriore del soggetto, mentre l’Anima (nell’uomo)/Animus (nella donna) rappresentano il nostro lato interiore; entrambi, uniti agli altri archetipi (Ombra, Vecchio, Fanciullo, Eroe, Sè, etc) rappresentano parti o modelli del nostro apparato psichico.
Nel Focusing
Nel Processo di Focusing queste parti, modelli, archetipi, ecc. prendono voce attraverso quello che il suo fondatore Eugene T. Gendlin, ha denominato Felt-Sense.
Il felt-sense, per dirla in parole semplici, è come un riassunto che il “corpo” nella sua totalità visibile e invisibile fa.
Ogni situazione, ogni esperienza, oggi, si collega con un sottile filo a “qualcos’altro” che nel tempo è stato messo da parte, inascoltato, negato e grazie ad esso (il filo=felt-sense) ripercorrendolo a ritroso, nel qui ed ora, può essere riconosciuto e accolto.
Questo essere visto, riconosciuto, permetterà a quel “qualcosa” che si esprime grazie al felt-sense di procedere nella sua emancipazione e auto-realizzazione.
In pratica con il Metodo Focusing non facciamo altro che imparare l’atteggiamento adeguato e rispettoso, come ad esempio dei tempi differenti che ogni “parte” di noi necessita per realizzarsi e così andare ad agire sulla vera causa di conflitti e blocchi in vari ambiti.
Come riconoscere le maschere
Spesso significa semplicemente prendere consapevolezza della “loro” esistenza, dando pari dignità a tutte, equanimamente.
Di solito ciò non accade perché inconsciamente o meno crediamo che sia “più importante” qualcos’altro, oppure “più giusto”, o ancora “meglio per noi” una piuttosto che l’altra e in questo modo si blocca la loro naturale integrazione.
Esercizio
Prendi un Foglio A4, disegna una grande margherita e al centro scrivi il tuo nome, in ogni petalo scrivi tutti i ruoli che ricopri nella vita, piacevoli e non, le passioni che hai o in cosa sei brava, se senti una vocina che interviene scrivi anche “La criticona”, “la perfettina”, “la so tutto io”;
se fai fatica a riconoscerti ruoli e passioni aggiungi “l’inadeguata”, la “che ne so io” etcc. 😉
Quando senti che non hai più petali da aggiungere, riscrivi il tuo nome su un altro foglio, questa volta nel senso verticale e affianco ad ogni lettera del tuo nome aggiungi una qualità che ti riconosci e se ne arrivano anche di più delle lettere che hai, aggiungile sotto.
Se invece fai fatica chiedi aiuto ad un’amica che sicuramente fa meno fatica di te, ma tieni presente che questa fatica è una cosa importante da riconoscere!
Tutto questo con l’ausilio di penne, colori, ma soprattutto creando un momento tutto per te, uno spazio che agevoli la giusta attitudine, puoi accendere una candela, prepararti una tisana calda…
Mentre fai l’esercizio porta l’attenzione al sentire corporeo, ci sono tensioni? succede qualcosa? com’è il respiro?
E alla fine, dopo le qualità che ti riconosci, come stai?
Fammi sapere se hai provato e se ti fa piacere, cosa hai notato.
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