journaling

Sento spesso parlare di journaling, vuol dire scrivere un diario, ma  in inglese fa più figo!

Ho sempre avuto un diario, ricordo ancora il primo, mi fu regalato da mia madre: era con i fiorellini in copertina e aveva anche un lucchettino, per proteggerlo da occhi indiscreti!

Da quel momento, ne ho scritto uno regolarmente fino a quando non ho cominciato a lavorare, a 21 anni. Da allora, un po’ a singhiozzo,:

  • nei momenti più significativi della mia vita durante e dopo il ricovero per il M. di Crohn, ne ho avuto uno per ogni percorso di crescita personale intrapreso: gli incontri dal Naturopata, quando ho intrapreso la pratica di Viniyoga, durante il percorso di counselling e poi la formazione in Focusing Base e Trainer.

Ho sempre scritto anche durante tutti i percorsi formativi intrapresi, ne ho parlato nel mio primo post, se non lo hai letto, lo trovi qui.

Scrivere ha sempre avuto un effetto calmante su di me, le “matasse” di pensieri, riflessioni, emozioni che si aggrovigliano, trovano un filo, un collegamento che le dipanava donandomi leggerezza e chiarezza.

Era come tornare a galla a prendere una bella boccata di ossigeno, prima di ripiombare sott’acqua!

Anche ora, cerco di farlo regolarmente, non solo perché è uno spazio che dedico completamente a me stessa, ai miei desideri e all’ascolto dei bisogni più autentici, ma anche un modo per scoprire nuove cose di me, mentre le lascio emergere.

Certo, non a tutti scrivere fa questo effetto, perciò se per te non è così, non ha senso sforzarti di farlo tutti i giorni.

Per chi aspira a farlo, scrivere qualcosa tutti i giorni è un buon allenamento. Se non sai come farlo puoi cominciare con il mio “Diario di Bordo”.

Altri modi sono: fare delle liste, ad esempio, dei libri preferiti, dei film o di altre cose che ti appassionano. Un altro bell’esercizio può essere scrivere una giornata tipo completamente immaginata, un giorno da miliardaria! O un viaggio che ti piacerebbe intraprendere, ma che per ora non puoi intraprendere, con tutti i particolari che puoi. All’inizio non è spontaneo riuscirci, per me è stato moooolto difficile, ma con pochi tentativi, sono diventata bravissima, perchè anche l’immaginazione è una funzione da allenare e più si prova, più si attiva, provarci per credere!

Da quando pratico regolarmente il Focusing, ho un diario in cui scrivo i processi che vivo, a volte lo descrivo completamente, altre, segno solo il tema o la situazione da cui parto e poi le parole chiave, il simbolo, o il felt shift che avviene, nonché il dono che ricevo dal processo! Non riesco spesso a fare un disegno, ma il diario è una costante!

Chi pratica il Focusing, conosce la percezione di “spazio interno”, che si crea con il processo, e le conseguenze che questo porta, di chiarezza, calma e maggior integrazione di sé, anche quando si trattano situazioni spiacevoli o dolorose. Questo è possibile perché praticando il Focusing, si rafforza quella capacità di ascolto, di accettazione e dello “stare con” tutto ciò che emerge ma questo, a differenza della scrittura, è un sentimento, un atteggiamento che viene vissuto con tutto il nostro “corpo”, fisico, energetico, mentale (nel senso più ampio del termine) e che adesso posso trasmettere alla scrittura, ma non mi è mai nato da lì.

Quello che trovo utile nello scrivere dopo i processi, però, è poter rileggere i passaggi, i vissuti, che a volte sono così sottili e sfuggenti alla coscienza, che se non li scrivessi, non sempre sarei in grado di ricordare pienamente (non che questo sia necessariamente un male) ma grazie ai quali posso notare temi e  situazioni ricorrenti, in un dato periodo della mia vita, e farne ulteriore oggetto di osservazione di me.

Anche per oggi è tutto, mi auguro che ti sia stato utile leggere sul journaling e per te, nelle risorse gratuite, troverai un pdf che puoi utilizzare come tuo Diario di Focusing! Alla prossima e intanto, Buona Vita !

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Valentina

Valentina

Sono Trainer del Metodo Focusing e nella mia vita precedente, infermiera. Oggi mi prendo cura delle persone insegnando l’ascolto e l’accettazione incondizionata di sé perché pensare di sapere cos’è meglio per stare bene, non è sufficiente a cambiare. Stare incondizionatamente con quello che c’è è indispensabile per avviare un cambiamento reale che parte dall’autenticità. Conosciamoci meglio

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